Uno storyteller di nome Tacito

Si è chiuso ieri l'Internet Festival di Pisa. Il programma era declinato in tre aree tematiche: makers, tellers, citizens. La sezione tellers ha esplorato la rete come spazio per l'espressione politica alternativa ai mezzi mainstream. Come luogo che dà voce a realtà che altrimenti rischierebbero di rimanere emarginate e sconosciute. I tellers, in questo senso, si contrappongono o, comunque, si differenziano dagli storytellers. Come la realtà dalla fiction. Come l'informazione dalla comunicazione d'impresa. Rispetto ai contenuti, al che cosa viene raccontato, è probabilmente vero. Rispetto alla funzione-racconto non sono però così diversi. Penso anzi che avrebbero da guadagnarci se mescolassero le loro rispettive specificità. Se in qualche modo unissero le potenzialità dell'informazione e del "reportage" a quella della comunicazione immaginativa e simbolica. Se si descrivessero i fatti (ma anche prodotti o marche) creando momenti narrativi forti, crescita di tensione e partecipazione. Non c'è niente di nuovo. Tacito, tanto per fare un nome antico e contemporaneo allo stesso tempo, conosceva benissimo questa tecnica. Il suo esempio continua ancora adesso a produrre effetti, anche se in contesti diversissimi. Solo due giorni fa, ad uno sciopero, alcuni studenti innalzavano un cartello che riportava le famosissime e splendide parole che Tacito mette in bocca a Calgaco, capo dei ribelli scozzesi, quando davanti al suo popolo sconfitto riassume così le politiche imperiali romane: "Dove hanno fatto il deserto, lo chiamano pace". 

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